Poema della forza

(dalla nostra lettura di Andrej Tarkovskij, Simone Weil, Eschilo)

 

 

La forza che uccide è una forma primitiva e rozza della forza. Quanto più varia nei procedimenti, quanto più sorprendente negli effetti è l’altra forza, quella che non uccide, cioè quella che ancora non uccide. Ucciderà certamente, o forse ucciderà, o è ancora soltanto sospesa sull’essere che da un momento all’altro può uccidere; ma in ogni caso cambia l’uomo in una pietra. Dal potere di trasformare un uomo in una cosa facendolo morire si svolge un altro potere e ben più terribile, quello di trasformare in una cosa un uomo, lasciandolo vivo.

Simone Weil, Iliade o il poema della forza

 


 

Crediti

Prometeo Febo Del Zozzo
Forza Lino Greco
Blu Fabiana Terenzi
Rosso Bruna Gambarelli
Regia Febo Del Zozzo
Organizzazione Anita Bartolini
Produzione Laminarie, Comune di Bologna – Settore Cultura

 


Prima rappresentazione 30 Aprile 1997, Teatro Petrella, Longiano (FC)

 

 

Poema della forza comincia con un combattimento. Si scontrano due guerrieri, destinati alla morte per mestiere, forse Achille contro un troiano, forse Ettore contro un acheo: non importa, non importa neppure chi vincerà. Quello che conta è che nessuno dei due riesce a sottrarsi all’imperio della forza. La forza per sua natura trasforma in una cosa l’anima di chi la subisce e di chi la usa, abolisce anche il pensiero di smettere di combattere.

Esercitata fino all’estremo, la forza fa dell’uomo una cosa nel senso più letterale della parola perché ne fa un cadavere, ma “la forza che uccide è una forma primitiva e rozza della forza. Quanto più varia nei procedimenti, quanto più sorprendente negli effetti è l’altra forza quella che non uccide….”

É la stessa forza (sotto il nome di nemesi) che domina le tragedie di Eschilo, solo Prometeo, incatenato a una rupe, Scizia, riesce a sottrarsi alla forza (quella subita e quella imposta). Prometeo rifiuta di esercitare il suo potere, è un ribelle inerme: pur essendo costretto in uno stato di oppressione è libero. In Prometeo incatenato come in Poema della forza Prometeo è fermo, dal suo luogo di tortura attira a se i personaggi. Fin dall’inizio della tragedia si sa che nulla cambierà si tratta solo di ascoltare le parole dei visitatori e di Prometeo che promette di parlare. Prometeo è una calamita a lui vanno i personaggi.

Il personaggio Forza che Eschilo introduce nel Prometeo incatenato come personaggio muto (quasi a ricordare che è la forza il motore nascosto della tragedia) in Poema della forza diviene il personaggio centrale.

La Forza agisce attraverso l’uso della forza magnetica sfidando inutilmente la potenza della gravità.

Due colori entrano: i poli del magnete.

Due figure rosso/sud e blu/nord si mostrano, spostano oggetti quotidiani, giocano, frammentano il ritmo, si muovono secondo le loro linee di forza.

 

– Poema della forza è un ingranaggio entro il quale ci sono degli ingranaggi minori che hanno un loro funzionamento autonomo.

L’insieme non è dato da una somma di piccoli insiemi, ma da uno di questi che si ingrandisce da sé formando una risacca dove si depositano dei precipitati: è lì che si annida la rappresentazione.

– Scizia, la rupe a cui Prometeo è incatenato, è una grande calamita. Da lì Prometeo immobile chiama a sé il resto del mondo.

– La forza è data, non si rappresenta. Si iberna dentro per poi stabilirsi chissà dove.

É necessario però che si posi dovunque. É qui in questo punto che agisce senza che si rappresenti: si incorna,si inforca, si trapassa.

Il luogo che è agito dalla forza si plasma a sua immagine; in molti casi l’ immagine che la forza si autorimanda è una figura che non trova la propria evanescenza,ma un limite che non le si addice.

 


 

PRESS

 

Laminarie costruiscono uno spettacolo di grande impatto visivo: al centro sono due figure identiche e opposte una completamente dipinta di blu e l’altra di rosso. L’idea è quella del sistema arterioso e venose – confida il regista – che sembrano transfughi beckettiani per quelle espressioni stralunate e fuori del tempo; che evocano sia l’eccesso cromatico della coppia Gilbert & George che le installazioni di Pistoletto. Loro compiono piccoli gesti, spostano oggetti quotidiani come pentole o coperchi, che per un gioco di calamite si muovono, animati di vita propria, lungo una scena a forma di ferro di cavallo.

Lo spettacolo che, come in tutte le compagnie di teatro sperimentale, non è una pura trasposizione dell’opera letteraria, propone allo spettatore di perdersi nella visone di realtà del tutto inverosimili, a volte fantastiche, e che appartengono al piano dei ricordi, degli incubi o delle metafore, piuttosto che a quello naturalistico. L’attore, non è lì per raccontare una parte, ma per riassumere nella sua fisicità il movimento e la parola. Le figure innescano continui disturbi, facendo agire come un personaggio quella che nel testo è una presenza muta: la Forza.

Paolo Ruffini – Avvenimenti

 

Poema della forza è un allestimento di grande energia visiva. Prometeo, prigioniero di un involucro metallico, compare e scompare dal fondo di una piccola scena semicircolare rossa. Dentro questa scena arena, un attore vestito di nero compie gesti emblematici: fa combattere le dita, manipola sbarrette di ferro e calamite attaccate ovunque, alle mani, a terra, alle pareti. E’ la Forza ciò che. di Prometeo non è incatenabile e che ha il potere di attrarre a sé alcune cose e di respingerne altre, ben al sopra della debole volontà umana. Lo schiavo no è Prometeo dunque (la usa è una condizione temporanea), ma l’uomo che sembra dominare ciò che lo circonda e in realtà ne è dominato. Il che lo rende spesso tragico, talvolta comico. La Forza sopraffa l’uomo facendogli tremare le vene dei polsi (quando non fa tremare il pensiero) e Poema della forza mostra tale impotenza. Attrazioni e rifiuti, elevazioni e precipizi si susseguono senza che l’uomo possa fare granché, ma su questo tema il gruppo Laminarie solleva la propria ala, l’ironia.”

Cristina Gualandi – Hystrio

 

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