Dentro le cose

 ph Mario Carlini

Dentro le cose

di e con Febo del Zozzo
scene di Laminarie
regia Febo Del Zozzo
cura e organizzazione Marcella Loconte
Ufficio stampa e comunicazione Sara Fulco
Nuova produzione

Con Dentro le cose, ultima produzione di Laminarie di e con Febo Del Zozzo, la compagnia sceglie di confrontarsi con alcune figure esemplari, “vite di un’altra fibra”, di cui si indaga la radicalità del pensiero e delle opere nel desiderio di approfondire il percorso realizzato negli scorsi anni intorno ad autori che, con la coerenza delle loro vite e il rigore delle loro opere, hanno aperto spiragli nel vortice rumoroso in cui stiamo.

“Figure esemplari” che hanno negato consenso alla forza cieca del potere aprendo varchi luminosi di cambiamento a cui Laminarie ha dedicato negli anni opere, performance e monografie.

Jackson Pollock, protagonista dell’action painting e artista fondamentale nella storia dell’arte del Novecento; lo scrittore russo Varlam Šalamov autore dei I Racconti della Kolyma che trascorse diciassette anni in un campo di lavoro sovietico; Constantin Brancusi, uno dei più grandi scultori novecento, autore di un viaggio epico, percorse a piedi l’Europa da Bucarest a Parigi con l’obiettivo di raggiungere il centro della vita artistica Europea.

A partire dalle produzioni precedenti, Dentro le cose procede attraverso azioni inedite, tenta un nuovo punto di vista sul linguaggio scenico a partire dalla materia, dai dispositivi scenici utilizzati per visualizzare il senso della nuda azione.
La performance mette in dialogo azioni e suoni in una sintesi precisa e irriducibile incitata dal rapporto con gli oggetti. Un attore solo in scena in una disputa con le figure e la materia nella ricerca di un tempo e di un ritmo diversi, nonché in lotta con l’imprevisto e la difficoltà. Proiezione Verticale – avvicinamento a Constantin Brancusi (2012), Jackson Pollock – l’azione non agente (2007), Esagera – dedicato a Varlam Šalamov (2000) dialogano tra loro nella sintesi di strutture scenografiche, azioni performative, suoni e testi che prendono così nuova vita “dentro le cose”.

Dentro le cose from Laminarie on Vimeo.


PRESS

Laminarie, la “danza” dell’operaio esperto

Michele Pascarella, Hystrio trimestrale di teatro e spettacolo, Luglio, 3/2018

«Nell’esaminare il lavoro di un operaio esperto, riscontriamo: a) assenza di movimenti superflui, improduttivi; b) la ritmicità; c) l’individuazione del giusto centro di gravità del proprio corpo; d) la resistenza. I movimenti fondati su queste basi si distinguono per il loro carattere “di danza”, il lavoro di un operaio esperto sfiora i confini dell’Arte»: una delle memorabili lezioni di Mejerchol’d sintetizza perfettamente l’attitudine pienamente performativa con la quale Febo del Zozzo costruisce e abita lo spazio scenico di dentro le cose, spettacolo-summa che trasduce segni e dispositivi di tre opere che la compagnia, da lui fondata e guidata, ha dedicato fra il 2000 e il 2012 ad altrettante “figure esemplari” (gli artisti visivi Jackson Pollock e Constantin Brancusi oltre a Varlam Šalamov, scrittore russo che trascorse 17 anni in un campo di lavoro sovietico). Dentro le cose si pone con evidente fiducia fenomenologica come una sorta di appassionata, concretissima visita guidata a “vite di un’altra fibra”. Un energico e al contempo delicatissimo Del Zozzo per mezzo (e al servizio) di carrucole, travi, corde, scale, attrezzi e tubi dà luogo a un misterioso, ma per nulla ostico, teatro di figura intriso di suoni materici che articola per quadri un viaggio cadenzato da luci geometriche e nette. Tirare, sbattere, sollevare, impilare: è attraverso la lingua del fare che la figura in scena edifica una drammaturgia di pieni e di vuoti, di dinamismo e requie, di penombre e oscurità. La performance si fa luogo di una Wunderkammer dal sapore costruttivista punteggiata da trucchi poveri, realizzati a vista, e composta da una quantità di pezzi staccati che evocano senza descrivere, suggeriscono senza narrare, creano immagini e immaginari senza mai chiuderli in un perimetro dato. A mo’ di sineddoche vale almeno ricordare un frammento in cui “l’operaio esperto” Del Zozzo imprime a una sedia di legno appesa a mezz’aria per mezzo di funi e ganci, un dinamismo che progressivamente diviene danza impazzita. Chapeau.

L’azione materica di Laminarie per Pollock, Brâncuși e Šalamov

Lucia Medri, Teatro e Critica, 26 aprile 2018

[…] Coerente con il dialogo insediato condotto dalla compagnia nel quartiere del Pilastro di Bologna e non solo, Dentro le cose è innanzitutto una stratificazione di tempo e storia che, incontrando la tradizione della cifra poetica di Laminarie, si pone allo stesso tempo come tensione verso una modalità scenica che risulta essere più installativo-performativa che teatrale. Il lavoro ha debuttato ufficialmente quest’anno durante la stagione Antidoti a voler sottolineare come l’agire scenico sia innanzitutto un «luogo da cui l’artista prende forza per aprire spazi sorprendenti di relazioni umane, disintossicate dai veleni quotidiani di gesti e parole e pensieri inerti»; una creazione/testimonianza intima a proposito di un percorso artistico che giunge a un momento determinante, in cui ci si pongono dei quesiti e attraverso il gesto si cerca, prima di ottenere delle risposte, un dialogo con chi sin dagli inizi, o da adesso poco importa, ne segue il percorso. […] Nella totalità della visione, Dentro le cose lo si osserva e lo si percepisce dunque come un grande macchinario costituito da singole architetture installative aventi una propria biografia azionata e, letteralmente, fatta funzionare dall’attore. Ma non un attore demiurgo: questi “oggetti” non saranno da lui usati come strumenti scenici poiché quella performativamente rappresentata sarà una faticosa lotta con la loro materia, affinché sia questa – e nessuna sovrastruttura recitativa e/o interpretativa – a dispiegarsi e a tendere, come direbbe Brâncuși, “verso l’alto”. Seppur preparata maniacalmente, nel rispetto del rigore tecnico delle installazioni, nella loro manutenzione come nel montaggio e nello smontaggio, la scena è tuttavia soggetta a potenziali casualità. La tecnica non garantisce la prevedibilità dell’azione, al contrario, contempla l’imprevisto, l’errore, il rischio derivante dall’incontro con lo sforzo compiuto dall’attore per azionare le installazioni e farle agire. […] Sentirsi panicamente avvolti e soggiogati dalla forza sublime del volo degli uccelli (Brâncuși), dall’azione del colore, dal suo dipingersi istintualmente (Pollock) e dalla riacquisizione del bisogno di scrivere, dalle difficoltà di tornare a farlo dopo la prigionia (Šalamov); questi gli espedienti empatici sottesi all’architettura scenica la quale, così costruita, restituisce di queste personalità il loro eterno e ricercato fallimento nei confronti della natura e della vivida materia artistica.
www.teatroecritica.net/2018/04/lazione-materica-laminarie-pollock-brancusi-salamov/

Il teatro prima del teatro. ”Dentro le cose” di Febo Del Zozzo

Francesco Brusa, Altre Velocità, 11 luglio 2018

[…] In una crescente furia scenica che si ripercuote sui quattro lati del palco, Del Zozzo assume quasi il ruolo di un “anti-Prometeo”. Aziona le cose, facendole vibrare di una tensione elettrica, elettromagnetica, e le porta sul confine della loro dissoluzione. Tira e smolla delle corde che fanno oscillare violentemente la sedia nel vuoto, trafigge una lastra di metallo, batte un martello al suolo fino allo stremo, si arrampica su una struttura verticale, sparge foglie con l’ausilio di un ventilatore e in tutto questo resta praticamente sempre in penombra, assolutamente concentrato ma al tempo stesso distante, quasi estraneo ai propri atti. Solo in brevi occasioni è sotto il fascio di luce per recitare degli stralci testuali, il cui intento è quello di picchiettare l’aria, più che esprimere dei messaggi. È un teatro di oggetti? Siamo di fronte a uno studio astratto sulle figure e sul movimento? Quello di Dentro le cose non è un teatro di pure forme, tutt’altro. È vero, sul palco si compongono impalpabili traiettorie e armonie sottili, che fanno roteare il nostro sguardo in cerca di un senso, di un “quadro” estetico. Ma si rotea invano, poiché non c’è disegno né promessa. C’è al contrario il tentativo di un’impossibile messa a fuoco, la ricerca di una sensazione inafferrabile se non per momenti piccoli, transitori: precisamente, una strana e chimerica sensazione di precedere la sensorialità stessa, di essere omologhi eppure diversi dalle cose che ci circondano. Febo Del Zozzo, nel suo essere “dentro le cose” ma fuori da sé e dal suo personaggio, si rapporta agli oggetti con una prossimità feroce e profonda, che è però anche ascetica. Quando si avvicina alla sedia, alla lastra metallica, alla colonna infinita, quando “agisce” tali presenze materiche fino al limite delle proprie e delle loro forze, le assume comunque come dati di fatto. Sa di poterle distruggere, ma non mutare nella loro essenza. […]
www.altrevelocita.it/teatridoggi/5/baci-dalla-provincia/517/il-teatro-prima-del-teatro-dentro-le-cose-di-febo-del-zozzo.html

«Dentro le cose» gli oggetti raccontano

Al DOM lo spettacolo su Šalamov, Pollock, Brancusi

Massimo Marino,Corriere della Sera di Bologna, 6 aprile 2018

Dentro le cose vede in scena Del Zozzo che ripercorre le vite dei tre artisti con oggetti che hanno caratterizzato gli spettacoli a loro dedicati. “È un abitare le cose in cerca della loro anima” ci spiega l’autore. Lo vedremo alle prese con due aste di legno che battono e una sedia danzante, da Esagera, lavoro incentrato su Salamov e sulla difficoltà di tornare a leggere e scrivere dopo la reclusione. Ci saranno il tronco che inizia la composizione della colonna senza fine di Brancusi e la tela su cui Pollock inventava forme con colori, foglie, rami, sterpaglie. E entreranno in scena altri elementi, a comporre storie di personaggi straordinari “che hanno negato consenso alla forza cieca del potere aprendo varchi luminosi di cambiamento”, come si legge nei materiali di regia. Uomini, aggiunge l’interprete e regista “che hanno avuto un rapporto viscerale e materico, non troppo ragionato, con l’arte; diretto, di grande spinta”.

Un teatro Fuoricentro e Dentro le Cose
Dalla teoria alla pratica: una giornata di studio con Laminarie

Sarah Curati, Paper Street, 22 dicembre 2018

[…] Lo spettacolo indaga una relazione viscerale e inevitabile fra l’artista e i propri materiali, che Del Zozzo esplora attraverso una modalità artigianale del fare teatro unita a un’impostazione più performativa delle azioni sceniche con cui sono rievocate le opere dei tre grandi artisti del Novecento. Del Zozzo anima una scena fatta di funi, corde, scale, travi, con una perizia furente, attraverso gesti concreti ma allo stesso tempo evocativi che fanno scaturire azioni, immagini e suoni […] Dentro le cose è una testimonianza struggente della solitudine dell’artista, del suo anelito quasi mistico alla creazione che trascende la sua consapevolezza e di quell’aspirazione all’immortalità di cui rimane traccia soltanto attraverso le opere d’arte.
www.paperstreet.it/un-teatro-fuoricentro-e-dentro-le-cose/

 


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