DOM la cupola del Pilastro è la sede operativa della compagnia teatrale Laminarie, che lo gestisce in convenzione con il Quartiere San Donato-San Vitale – Comune di Bologna. DOM è uno spazio di circa 600 mq situato nell’area del Pilastro a Bologna e attrezzato per ospitare attività performative, musicali, espositive. Lo spazio è stato progettato per essere adattabile a diverse modalità di utilizzo e per accogliere i diversi linguaggi delle arti contemporanee. Vi si trova un’area di lavoro con due palcoscenici in legno e un’area di servizio con uffici, depositi, attrezzeria, camerini. Lo spazio è dotato di un foyer con angolo bar. Il progetto di apertura di DOM da parte della compagnia Laminarie vede il nuovo spazio come un laboratorio delle arti che ha al suo centro la ricerca teatrale ma che è in grado di relazionarsi con altri linguaggi artistici, attraverso un dialogo continuo del quartiere con il pubblico, gli studenti, gli artisti, gli operatori e le altre Istituzioni culturali cittadine, in una prospettiva fortemente multidisciplinare e internazionale.
DOM ha ricevuto il premio speciale UBU nel 2012 con la seguente motivazione: “Dom di Laminarie, spazio che lavora sui confini tra produzione in residenza e ospitalità, tra città e periferia, tra migrazione e memoria, tra infanzia e età adulta, tra ricerca teatrale e ascolto dell’ambiente circostante al quartiere Pilastro di Bologna.”
Aprire un teatro
di Massimo Marino
dal blog Controscene – IlCorriereDiBologna.it
27 novembre 2009 «Aprire un teatro oggi significa, o dovrebbe significare, rifondarlo: cosa, appunto, delicatissima. Rifondare un Teatro è come rifondare una società democratica, basata sull’essere e non sull’apparenza, sulla giustizia e non sulla rapina, sulla lealtà dei propositi e non sulla mistificazione, sull’uso corretto ed egualitario dei mezzi e non sullo squilibrio, sulla solidarietà concreta e disinteressata, e non parolaia o d’effimero consenso.
Il Teatro è veramente lo specchi profondo del Tempo. (…) E allora bisogna ricominciare con semplicità e realismo, piccoli passi, ma determinati, grande apertura, ma non qualunquismo, inizio di una rete di teatri differenti, ma che abbiano la stessa vocazione di fondo: teatro tra la gente, ma non per il consenso strumentale e acritico della gente». Era il 1995. Leo de Berardinis scriveva le parole che avete appena letto per l’inaugurazione del Teatro Laboratorio San Leonardo – Spazio della Memoria di via San Vitale. Le ricordiamo come augurio, oggi che nella periferia di Bologna apre un nuovo spazio dedicato alla scena e alle arti contemporanee. La vecchia cupola del Pilastro, già onorata palestra, luogo di riunioni, balera, sede di laboratori e molto altro, la vedrete completamente trasformata. Lo spazio è tutto graticciato; il pavimento è stato tutto coperto di legno: è diventato un grande palcoscenico di 300 metri quadrati. Ora si chiama Dom – La cupola del Pilastro.
Lo apre Laminarie, Bruna Gambarelli e Febo Dal Zozzo, due che mischiano le cose, le competenze: lei filosofa, studiosa di Simone Weil, drammaturga; lui un artigaino che si è formato con la Raffaello Sanzio, uno che sembra ingaggiare dei corpo a corpo con la materia, il ferro, la terra, le foglie delle scene, le storie che trasforma in visioni, i corpi che danno loro sostanza… Oggi ci sono laboratori per bambini e stasera uno spazio aperto, con performance, video e dj set. Domani si parlerà di Simone Weil, si presenterà una nuova rivista autoprodotta, «Ampio raggio», si verdà uno spettacolo sulle lettere della filosofa francese che si fece operaia, che volle guardare il mondo dal basso, dall’altezza delle cose e delle persone umili, che si fece operaia.
E’ quasi un manifesto, per un teatro ambientato nella periferia estrema, dove si devono mescolare idee, correnti e vite comuni. Ieri, alla vigilia dell’inaugurazione, la Cupola era piena di persone affancendate, nel foyer, al bar, nell’ufficio, nei laboratori e nei camerini con i pavimenti di mattonelle simili a quelle delle case popolari del Serpentone, con ragazzi del quartiere che nel teatro provavano le musiche e ballavano, con altri che allestivano gli spazi di passaggio bianchi dove campeggia la scritta «Il teatro valorizza gli imprevisti».