2 e 3 marzo ore 21
Elena Galeotti – Piangere è un artificio
5 marzo ore 19
Conversazione con Enrico Piergiacomi: Il sublime artificio. Oscar Wilde sull’ideale abissale dell’uomo e Andrea Fazzini: La metateatralità del segno nella scrittura di scena.
partecipano: Enrico Piergiacomi, Andrea Fazzini, Bruna Gambarelli
ore 21
Elena Galeotti – A mio fratello il regno a me lasciate il canto (Ombre – Orfeo)
DAL 2 AL 5 MARZO ESITI DELLA RESIDENZA DI ELENA GALEOTTI
Il nuovo programma di DOM curato da Laminarie dal titolo Levare e battere vede nelle residenze artistiche uno dei suoi assi principali.
Tre sono le artiste, di diverse età e provenienze geografiche, che da febbraio ad aprile abiteranno per un periodo di quindici giorni ciascuna il teatro, approfondendo la loro ricerca o realizzando progetti inediti che si pongono l’obiettivo di cercare sempre relazioni feconde con il territorio del Pilastro e della città di Bologna.
La prima residenza, dal titolo SE-MI-DIO, ospiterà il lavoro di Elena Galeotti della compagnia Cantharide, e avrà i suoi esiti pubblici il 2, 3 e 5 marzo, con un programma di aperture articolato in spettacoli e incontri. Due sono infatti le produzioni al centro della residenza, che per la prima volta compongono in un quadro unitario due aspetti del lavoro di Elena Galeotti, quello relativo all’attività di regista e attrice e quello di formatrice, attività che porta avanti da molti anni coinvolgendo in modo particolare gli adolescenti.
“Se-Mi-Dio è il titolo che ho dato alla residenza, tre parole ma al tempo stesso tre suoni, tre note. Ritmo e corpo che accolgono i segni del lavoro che faccio da anni, il lavoro che mi appartiene.” spiega l’autrice Elena Galeotti. “Prendendo spunto dai binomi Erodiade-Salomè/Orfeo-Euridice ho cercato di esplorare la fragilità dell’immortalità umana da un punto di vista drammaturgico confrontandomi con loro, gli immortals, i giovani dall’ipertrofico presente; e gli attori, leoni in scena e carcasse nella vita quotidiana; aggiungo il confronto con i mai morti testi e immaginari iconografici della classicità e con la sottoscritta, il tempo che passa, il mutare delle forme e della presenza scenica.”
*** PROGRAMMA:
2 – 3 MARZO ORE 21 PIANGERE E’ UN ARTIFICIO
Liberamente ispirato a Erodiade e Salomè
da Oscar Wilde, Giovanni Testori, Billy Wilder, Ken Russel
di Elena Galeotti
con Elena Galeotti e Ilaria Debbi
luci Alessio Guerra
voce di Iokanaan Basilio Frongia
voce del Paggio Filippo Plancher
voce del Siriaco Riccardo Marchi
fantasma di Erode Modesto Messali
Uno speciale ringraziamento a Rita Frongia
Accade così, passano gli anni, ma i ricordi riaffiorano, si mescolano a fantasie recondite e a quelle notti di voci minacciose e di corpo aspirato dalla paura. Accade con leggerezza che l’amore tra madre e figlia generi il desiderio di morte. Un’attrice insonne in una notte di luna piena scivola nei ricordi esaltanti di un presunto, luminoso passato e nelle evocazioni di Salomè e Erodiade. I ricordi da attrice rivelano uno stato di intermittenza. In scena, due creature intrecciate, attraversate da ombre. Una giovane figura in penombra disturbata dagli incubi e dalla storia. Si trascina obliqua come un narciso scosso dal vento, succube, servile ma al tempo stesso sadica per indifferenza, sotto gli occhi da talpa patrigni.
– È questo vecchio che ci portiamo dentro la mamma?
La mamma, appunto. L’insoddisfazione è come lava che cova, nella donna-madre. Una donna sul viale del tramonto, i capelli senza più luce e una gloria perduta. Una creatura smarrita, le parole perdute, la memoria frantumata. La madre è in preda al meccanismo del tempo, inesorabile e spietato, talvolta s’inceppa. La lingua di Erodiade è quella dei ricordi, delle ombre, di chi è stato, delle battaglie familiari, è la lingua che ha limato il suo volto e che domina il corpo della giovane figlia. Si deve deturpare per essere Erodiade? Cosa deve fare con la sua faccia? È un’immensa e sanguinosa nevicata, la madre non è più Erodiade e nemmeno la sua parola. È l’umana bestemmia, l’inesistenza, la cenere, il niente. È una notte di luna piena. La notte è il tempo che non dorme, e mille e una notte, e la voce disumana, e c’è una luna e trame di voci che chiamano sangue. Poi ci siamo noi, poco regali, tanto goffe, con la nostra anima, oltraggiata da tante ombre e colpi bassi.
5 MARZO ORE 19 INCONTRO PUBBLICO
Conversazione con Enrico Piergiacomi: Il sublime artificio. Oscar Wilde sull’ideale abissale dell’uomo e Andrea Fazzini: La metateatralità del segno nella scrittura di scena.
Partecipano: Enrico Piergiacomi, Andrea Fazzini, Bruna Gambarelli
Se l’arte accade è perché esiste l’adolescenza che lungo il percorso segna il confine tra l’infanzia e l’essere adulto. È a questa stagione della vita che dedico da anni la mia ricerca e il mio lavoro nelle scuole. Penso sia un modo necessario per condividere e comprendere la complessità dell’uomo e della nostra arte. L’adolescenza è un territorio di mezzo dove la vita cerca faticosamente di prendere forma e di accadere cercando di unire due istanze: il reale del qui ed ora in un terremoto di alti e bassi alla ricerca di soddisfazioni, risposte e soprattutto di una netta indipendenza dalla vita precedente. Proprio per la sua natura non definitoria e non definibile, la prima parte della giovinezza è quella stagione della vita eclettica, imprevedibile, originale, di cui scrittori, filosofi e artisti si sono serviti per spiegare le verità più profonde e difficilmente intellegibili. In questa terra di mezzo, la frantumazione di un mondo bambino per la strutturazione di uno adulto può diventare pensiero tragico, si diventa uomini di fronte alla morte, si è soli di fronte al nulla e questo mondo-liminare, terra di confine, è un abisso che potrebbe diventare senza fondo. Liminare è la situazione in cui si trova il giovane sul confine tra un mondo che ormai ha perso e un universo in cui non è ancora entrato. Duale e altrettanto fragile è l’esperienza artistica di chi cerca di stare in scena con lo stesso sguardo non definitorio, sfidando gli imprevisti, le ombre, evitando la morte dell’ingessatura che puntualmente arriva. Accade poi che gli anni passano e il passato riaffiora e si mescola alle fantasie e a quelle notti abitate da ombre minacciose e da voci conosciute che fanno paura. In Se-Mi-Dio abbiamo raccolto, ascoltato e ci siamo sentiti vicini a coloro che vivono al limite, sull’orlo del precipizio: giovani semidei, guerrieri innamorati e madri e figlie e notti insonni, la sofferenza del pensiero che attraversa i secoli e la grazia dell’arte, grande salvezza dell’uomo.
ORE 21 A MIO FRATELLO IL REGNO A ME LASCIATE IL CANTO (Ombre – Orfeo)
Studio su Orfeo ed Euridice di Elena Galeotti
con Riccardo Marchi, Martina Serrao, Anteo Ortu, Ilaria Debbi, Luca Chiapparini
coro-prologo di e con Flavia Erario, Costanza Macchetto, Rachele Rondinella, Elsa Maria Frabetti e con la collaborazione di Riccardo Pepe, Ana-Maria Sharkova, Massimiliano Frabetti, Filippo Plancher.
Regia Elena Galeotti
Il viaggio di Orfeo: mago, cantore, poeta e la sua discesa Orfica. Volevamo condividere il suo cammino, un viaggio in un tempo sospeso, tanto antico quanto attuale, a noi caro. La solitudine, la fragilità dell’amore, il tema dell’immortalità nonché la violenza del potere, la paura del dolore e della morte sono temi così vicini all’adolescenza, così vicini al nostro mestiere di attori. Il canto è diventato il filo conduttore, il personaggio-guida secondo i desideri del gruppo nello sviluppo del percorso lavorativo. Orfeo è un grande chansonnier, a tratti lirico, attraversato da lunghi silenzi, luoghi d’eccellenza dell’eroe tragico portatore di armonia vocale. Abbiamo esplorato la complessità della natura umana nel rispetto della terra in cui siamo, la terra di mezzo, la zona liminare dell’adolescenza, luogo di grandi fragilità ed enormi possibilità inesplorate. Luogo di ombre che si agitano, conflitti, vuoti abissali e scontri incomprensibili. Come si pone un giovane in una situazione di conflitto? Davanti alla morte? In guerra?