Jackson Pollock

Se la tela è a terra, lavoro meglio. Mi sento più vicino al quadro, ne faccio parte, posso camminargli intorno e lavorare da tutti e quattro i lati, starci letteralmente dentro. Quando sono nel dipinto non mi rendo conto di quello che faccio. E non ho timore di approntare modifiche, perché l’opera ha una sua propria vita. Solo quando perdo il contatto con il quadro, allora ne esce spazzatura. Altrimenti regna l’armonia pura, un delicato dare e prendere, e viene fuori un bel lavoro.

Jackson Pollock


 

 Crediti

Jackson Pollock. L’azione non agente

di Febo Del Zozzo
con Febo Del Zozzo, Stefano Volpe, Elisa Turco Liveri, Francesca Fuiano, Desirèe Piromalli
suoni Febo Del Zozzo, Andrea Martignoni
testi Bruna Gambarelli
cura delle immagini video Lino Greco, Bruna Gambarelli
concessione delle immagini Hans Namuth Ltd.
allestimento Febo Del Zozzo
organizzazione Federica Rocchi
amministrazione Federica Furlanis

 Prima rappresentazione 23 Febbraio 2007, Teatro Stabile Arena Del Sole, Bologna.

 

Jackson Pollock. On the other hand

di Febo Del Zozzo
video Bruna Gambarelli, Fabio Fiandrini, Lino Greco, Hans Namuth
con Febo Del Zozzo
suoni Febo Del Zozzo, Andrea Martignoni
allestimento Febo Del Zozzo
tecnico Filippo Deambrogio
cura Federica Rocchi
produzione Laminarie
con il sostegno di Comune di Bologna – Settore Cultura e Rapporti con l’Università

Prima rappresentazione gennaio 2008 Teatro San Leonardo, Bologna nell’ambito di Arte Fiera

 


 

La ricerca di Laminarie sulla figura di Pollock, condotta dal 2007 al 2009, ha portato alla realizzazione di diversi esiti: lo spettacolo Jackson Pollock. L’azione non agente; la performance Jackson Pollock. On the Other Hand; una lecture che presenta l’opera di Pollock attraverso video e parole. L’intero progetto è stato alcentro di un progetto internazionale realizzato a New York nel 2008.

11 agosto 1956. Dopo avere passato tutta la sera in un bar di New York, Jackson Pollock si mise alla guida della sua Oldsmobile decapottabile. Sulla strada di casa l’auto sbandò e finì fuori strada, andandosi a schiantare contro un albero. Si concluse in questo modo, a 44 anni, la vita di uno dei più grandi pittori del Novecento.

L’innovazione apportata dalla pittura di Jackson Pollock consiste nel suo fare a meno della rappresentazione per esprimersi invece in un movimento fisico: l’azione sulla tela divenne così la stessa rappresentazione. Lo spettacolo di Laminarie pone al centro della scena una particolare interpretazione della pratica creativa dell’artista americano. L’innovazione apportata dalla pittura di Pollock consiste nel suo fare a meno della rappresentazione per esprimersi invece in un movimento fisico: l’azione sulla tela diviene così la stessa rappresentazione. Nello spettacolo il movimento del vento e i suoni della natura restituiscono

l’intensità organica della pittura di Pollock, mentre segmenti della sua esistenza sono catturati attraverso interventi che richiamano le tre figure femminili Lee Krasner (la moglie), Peggy Guggenheim (la collezionista) e Ruth Kligman (l’amante), e la figura del critico d’arte Clement Greenberg. Lo spettacolo presenta inoltre un video inedito realizzato a partire da immagini legate all’universo artistico di Pollock e da alcuni frammenti del documentario di Hans Namuth che lo mostra al lavoro. 

JACKSON POLLOCK (1912 – 1956)
Fu un artista fondamentale nella storia dell’arte del Novecento. La pittura di Pollock si esprime anche nell’abbandono completo di ogni forma espressiva grafica. Le opere più significative sono quelle realizzate con la tecnica del dripping, consistente nel far gocciolare il colore su una tela posta in orizzontale, determinandone la colatura con gesti rituali e coreografici in cui erano presenti reminescenze dei riti magicopropiziatori praticati dagli indiani d’America.


PRESS

Il Jackson Pollock di Laminarie si abbatte inane di fronte alla necessità di dare espressione alle visioni che gli urgono dentro, e compone sulla tela bianca, stesa come un tappeto, in un dripping metaforico che non è schizzo di colori ma tempesta di polvere, ramoscelli, foglie, carte colorate. [Lo spettacolo] compone un affresco sulla forza dell’arte che trasforma impulsi e materie. Lo spettacolo parla anche degli autori, uno di quei gruppi nati negli anni ’90 che hanno innalzato il vessillo di una creazione senza confini descrittivi. Con rigore, suggestione formale, capacità evocative (…).

Massimo Marino in Il Corriere di Bologna

Belli e dannati quegli anni cinquanta americani che spostavano oltre oceano il baricentro creativo delle arti mentre la vecchia Europa ancora era intenta a sanare le ferite della guerra. A quella stagione guarda con una sorta di urgenza Jackson Pollock. L’azione non agente di Febo Del Zozzo dedicato al creatore dell’Action Painting, il dipingere azione, morto in un incidente automobilistico nel 1956, a 44 anni.

In gioco c’è una concezione prometeica dell’arte che si rivela già nella prima immagine, quando la vampa di una fiamma ossidrica ritaglia un’apertura circolare nella parete metallica che fa da sfondo alla scena, rivelando al di là di questa una fucina rimbombante però dei suoni di una natura altrimenti minacciosa. E intanto un grande ventilatore va ad occupare l’apertura per far sventolare la bianca bandiera dell’arte. (…) Grande impatto visivo ha la performance autunnale che impegna il protagonista (lo stesso Del Zozzo) fra rulli di tamburi e folle urlanti. Ha steso a terra una lunga tela, investita poi da una tempesta di foglie morte. Ci gira intorno, sistemando piccoli rami secchi che assumono il segno grafico di una pennellata. Perché questo movimento, questa azione fisica che investe la tela si traduce in rappresentazione, siglando la supremazia dell’atto pittorico sullo stesso prodotto artistico.

Questo sembra volerci dire lo spettacolo, nel richiamo del titolo a un’azione che risponde unicamente a una necessità estetica. E sembra trasferirsi anche nella vita, quando l’ultima amante immerge l’artista dentro una vasca ricreando l’immagine iconografica della morte di Marat, sarà per questo che vi avverte un che di sinistro. Il cerchio metallico staccato dalla parete diventa lo schermo oscillante su cui si proietta un documentario d’epoca che mostra l’artista al lavoro, di cui già in precedenza si era ascoltata la voce registrata, suggello didascalico dello spettacolo, prima che la parete metallica si richiuda nuovamente. Poi, solo il rumore di un motore che parte. La musica di quegli anni, belli e dannati. Prima dello schianto.

Gianni Manzella, Il Manifesto

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