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Nel migliore dei modi, nel migliore dei mondi possibili

Intervista con la giovane artista marocchina Ramia Beladel, classe 1987, che ha trascorso due settimane di residenza a DOM e presenta la performance “Wainting for Godot while waiting for himself” il 28 e 29 aprile.

di Federica Rocchi

Conversazione con Ramia Beladel

Federica: Vorrei sapere qualcosa della tua esperienza al Pilastro, com’è stata la relazione con il Quartiere, con il teatro.

Ramia: E’ stata un’esperienza un po’ straordinaria. Io vengo dalle arti visive perciò avere la possibilità di lavorare con un’associazione che si occupa di teatro è stata una grande opportunità. Inoltre, questa non è solo un’associazione teatrale “normale” ma è una realtà che ha molti scambi e che lavora in un modo molto sperimentale, dunque per me interessantissimo. DOM poi è uno spazio molto particolare, ha questa forma arrotondata che è incubatrice nel senso che si è “avvolti” dallo spazio, e anche questo è stata una bella scoperta.

Per quanto riguarda il Pilastro, penso che ci sia un forte parallelismo tra questo luogo che è un teatro ma non si occupa solo di teatro e questo quartiere che è in Italia ma non è abitato solo da italiani!

Ramia Beladel It was here 2 from Waiting for Godot to bless me performance 2014 

 

Federica: E’ interessante il tuo punto di vista! E dunque com’è stata la tua relazione con il quartiere?

Ramia: Molto accogliente. Sono entrata in contatto con la comunità marocchina qui al Pilastro e anche questo è stato interessante. Mi sono sentita a casa. E ho potuto vedere come italiani e marocchini convivono in questa città. Ho fatto alcune interviste con alcune delle donne che vengono alla scuola di italiano qui a fianco al teatro, e mi è parso che loro sentano una sorta di armonia, a tratti disturbata, a tratti no, ma c’è una sorta di armonia… E il disturbo mi sembra che venga non dalla comunità ma da fuori, su un piano politico. Mentre a livello di scambio sociale, c’è qualcosa che si sente di molto umano. Bene… cos’altro volevi sapere?

Federica: Beh… ci sto pensando. In realtà non avevo pianificato questa intervista. Ma oggi ho pensato che potesse essere interessante scambiare due parole perché non è usuale per noi avere degli artisti ospiti che vengono dall’altra parte del Mediterraneo.

Ramia: Sì, mi hai fatto venire in mente che anche questo per me è stato un elemento attraente, ovvero il fatto di essere l’unica marocchina, la prima con la quale avete collaborato.

Sto elaborando un nuovo progetto che si chiama “The only sparmotozoo who survived” e parla della minoranza. E’ la seconda volta che vengo in Italia e in entrambi i casi ero la prima artista marocchina con cui la struttura che mi ospitava aveva a che fare. E mi sono detta che dovevo elaborare un progetto su questo tema. E’ stato anche un motivo di orgoglio per me vedermi nel programma e aver introdotto la lingua araba nel programma di DOM! Anche questo è stato importante per me, che abbiate accettato di utilizzare la lingua araba sul vostro materiale promozionale, cosa che giustamente non è usuale. Ma la lingua per me è stata importante perché testimonia una presenza…

Ramia Beladel The offerings3 from Waiting for Godot to bless me performance 2014

Federica: E nello spettacolo che presenterai domani sera che lingue si parlano?

Ramia: All’inizio volevo usare il dialetto arabo e l’inglese perché io non parlo italiano. Ma poi mi è stato detto che in Italia non si parla molto l’inglese, e io volevo essere veramente compresa – oppure fraintesa, ma volevo comunicare qualcosa. E quindi ho un po’ imparato in queste settimane il mio monologo in italiano. Fortunatamente non dovrò dirlo in diretta perché è registrato ma insomma ho cercato di pronunciarlo abbastanza bene… il meglio possibile diciamo…

Federica: E c’è stata una collaborazione con Bruna e Febo per la realizzazione della tua performance, giusto?

Ramia: Sì certo, sull’aspetto sia tecnico che formale. Come ti dicevo io non vengo dal teatro, quindi tutta la parte tecnica mi manca completamente. Ma non solo, anche la comprensione dell’ambiente teatrale mi manca… La performance dura solo quindici minuti ma io volevo essere veramente… volevo rispettare il contesto nel quale la piece va in scena, che è quello teatrale e di conseguenza mi è stato utilissimo l’aiuto di Febo e di Bruna per tutte le questioni legate al monologo, alla parola, alla lingua.

Federica: Mi hai detto che sei già stata in Italia?

Ramia: Sì, a Milano, per presentare un video alla Biennale dei Giovani Artisti del Mediterraneo. Abbiamo anche poi avuto due conferenze a Torino e a Genova.

Federica: Avrei una domanda che non è direttamente legata al tuo spettacolo qui a DOM, ma sarei curiosa se mi raccontassi qualcosa del panorama artistico di Marrakech.

Ramia: Rispondo a questa domanda con una citazione di Candide “Nel migliore dei modi nel migliore dei mondi possibili”. In Marocco si fanno tanti sforzi, ci sono molte persone che cercando di migliorare la scena culturale e io non posso giudicare tutta una scena che sta cercando di costruirsi da diciamo non più di vent’anni.

Io sono troppo giovane per giudicare negativamente questi sforzi, preferisco essere ottimista! Essere ottimista per me significa anche rispettare gli sforzi che ci sono dietro le iniziative che comunque succedono, la Biennale a Marrakech o a Casablanca ad esempio… Bisogna coltivare questi sforzi per andare verso il migliore dei mondi possibili come dice Candide…

ritratto1

Federica: Conosci dei luoghi simili a DOM nel loro operare?

Ramia: Sì, mi viene in mente un’associazione che si chiama DabaTheatre. Daba significa “adesso”. E’ un’associazione che lavora con spettacoli teatrali all’aperto, nella strada, nelle piazze. In Marocco è una cosa fuori dal comune lavorare nello spazio pubblico, non c’è questa cultura. Loro lavorano in un modo molto sperimentale e ora le persone stanno iniziando a seguirli, fanno parlare di sé. Fanno un lavoro interessante.

Federica: Bene, speriamo di conoscerli un giorno!